Articolo della dott.ssa Monica Martino
Biologa e Consulente per aziende agroalimentari
e Food Blogger.
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Le malattie autoimmuni sono delle patologie in cui l’organismo produce degli autoanticorpi contro determinati tessuti e organi, in pratica va a colpire “se stesso”. Tra le malattie autoimmuni organo-specifiche troviamo la celiachia, legata all’impossibilità di tollerare il glutine, alla quale possono essere correlate altre patologie.
Correlazione con il diabete
Da tempo è nota l’associazione tra celiachia e diabete mellito di tipo 1, sia nella popolazione adulta che in individui di età pediatrica. Nel 1951 Thompson fu il primo a rilevare tra i familiari di una casistica di celiaci una certa percentuale di pazienti anche diabetici e studi successivi ne hanno avvalorato l’idea, con stime (variabili in base alle aree geografiche in esame) che variavano dall’1 al 16.4-20% nella popolazione diabetica sia pediatrica che adulta. Ricerche compiute su popolazioni differenti, cercando di valutare l’associazione tra morbo celiaco e diabete mellito di tipo 1 , hanno visto emergere una grande prevalenza della celiachia e una maggior predisposizione a svilupparla in pazienti con diabete ad esordio precoce ma è vero anche il contrario, ovvero pazienti celiaci che potenzialmente possono diventare diabetici (se non trattati in tempo).
Dalla ricerca è emerso che molto probabilmente queste due malattie condividano un’origine genetica comune, in quanto il substrato molecolare è dato dagli stessi antigeni leucocitari (DR3/DR4, DQ2 e DQ8) e potrebbe essere influenzata da fattori ambientali. Celiaci non diagnosticati e che quindi assumono regolarmente glutine con l’alimentazione hanno un rischio maggiore di sviluppare il diabete mellito di tipo 1, con una stima del 25% dopo 30 anni di dieta glutinata, rischio che invece si azzera in caso di celiaci diagnosticati precocemente e che si alimentano con cibi privi di glutine. Un’alimentazione senza glutine, dunque, può prevenire l’insorgere del diabete mellito di tipo 1: studi clinici hanno messo in luce che gli anticorpi anti-pancreas, se presenti nel torrente sanguigno di celiaci, scompaiono a seguito di un regime alimentare senza glutine. Il glutine quindi sarebbe in grado di stimolare inizialmente una risposta immunitaria contro le cellule del pancreas e favorire poi l’insorgenza del diabete.
Da quando l’analisi sierologica è diventata parte della routine clinica, molti casi di morbo celiaco vengono diagnosticati ad un anno dal riscontro del diabete mellito insulino-dipendente anche se spesso la presenza degli anticorpi per la malattia celiaca viene riscontrata in un secondo momento. Il protocollo clinico infatti prevederebbe che i pazienti che hanno sviluppato diabete mellito ogni anno vengano sottoposti allo screening per la celiachia: la dieta senza glutine avrebbe, infatti, un effetto positivo sul diabete per quanto riguarda il controllo metabolico e l’assunzione di insulina (la quale diminuirebbe) nonché un effetto protettivo da possibili anemia e osteoporosi.
Correlazione con la tiroidite di Hashimoto
Oltre al diabete di tipo 1, sono spesso associate alla celiachia patologie tiroidee, prima tra tutte la tiroidite di Hashimoto. La tiroidite autoimmune è la causa più frequente di ipotiroidismo in età adulta e la malattia è accompagnata da un deterioramento parziale o totale del tessuto tiroideo causato tra l’altro dagli auto-anticorpi.
Visto che le patologie tiroidee non manifestano sintomi univoci ma spesso correlati, i pazienti affetti da celiachia (una volta diagnosticati e a distanza di alcuni anni) dovrebbero sottoporsi a controlli periodici per saggiare l’ormone che stimola la tiroide (TSH).
Correlazione con l’epatite autoimmune
L’epatite autoimmune è una rara patologia autoimmune del fegato che si presenta in forma acuta o cronica. Il sistema immunitario del paziente attacca le cellule del fegato, causando un’infiammazione e visto il comune background genetico, spesso l’epatite autoimmune potrebbe presentarsi in combinazione con il morbo celiaco, soprattutto se l’età del paziente celiaco in prima diagnosi è molto avanzata. Come per la tiroidite di Hashimoto, vale anche in questo caso la raccomandazione per i pazienti affetti da celiachia di sottoporsi periodicamente a controlli mirati a verificare la funzionalità epatica.
Correlazione con la dermatite erpetiforme di Duhring
La dermatite erpetiforme di Duhring (DH) è una patologia infiammatoria caratterizzata dalla comparsa di un’eruzione cutanea bollosa fortemente pruriginosa e generalmente arrossata. A causa del forte prurito, il paziente si gratta al punto da causare una cicatrice permanente. La dermatite erpetiforme viene considerata come la manifestazione cutanea della celiachia: è praticamente assodato che un paziente a cui viene diagnosticata la DH soffre anche di celiachia ma è stato riscontrato che non è sempre vero il contrario. Alcune ricerche dimostrano che in entrambe le patologie è coinvolto lo stesso gene. Il nostro corpo dispone dei cosiddetti antigeni HLA che innescano la reazione immunitaria. Nei soggetti affetti da DH o da celiachia sono presenti i genotipi HLA DR3-DQ2 e DR3-DQ8.
Sia la DH che la celiachia sono causate dall’assunzione di glutine, quindi un regime alimentare rigorosamente privo di glutine costituisce l’unica cura effettiva della DH. Nella maggior parte dei pazienti comunque ci vuole molto tempo prima che l’alimentazione senza glutine porti alla scomparsa dei sintomi della DH e nell’attesa si rende pertanto necessaria l’adozione di una terapia farmacologica che può essere sospesa dopo un periodo di tempo non inferiore ai due anni.
Correlazione con l’osteoporosi
Sono diversi gli studi dimostrano che i soggetti affetti da celiachia sono quelli più esposti al rischio di riportare fratture. Nella maggior parte dei casi questo è dovuto a una ridotta densità minerale ossea. È significativo che l’aumento nel rischio di fratture riguardi soprattutto persone affette da una celiachia non trattata che rifiutano di attenersi a un regime alimentare senza glutine.
Correlazione con l’intolleranza al lattosio
Tra le caratteristiche principali del morbo celiaco, l’atrofia dei villi intestinali è una delle più importanti in quanto comporta un malassorbimento dei nutrienti e i soggetti prima o subito dopo la diagnosi potrebbero sviluppare un’intolleranza secondaria al lattosio. Il deterioramento della mucosa intestinale, infatti, può portare a una carenza di lattasi e quindi una buona digestione del latte stesso. La cura pertanto è l’adozione quanto prima di una dieta priva di glutine e di lattosio. Solitamente in fase di remissione il paziente può reintrodurre alimenti contenenti lattosio nella propria dieta ma in alcuni casi l’intolleranza al lattosio può permanere nonostante la dieta delattosata e una mucosa intestinale rigenerata: questo probabilmente è da ricondursi a una carenza enzimatica di origine genetica piuttosto diffusa soprattutto tra gli abitanti dell’Europa meridionale e che quindi potrebbe non essere scatenata dalla celiachia.