Articolo della dott.ssa Monica Martino
Biologa e Consulente per aziende agroalimentari
e Food Blogger.
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“Il vino non si beve soltanto. Si annusa, si osserva, si gusta, si sorseggia e… se ne parla.” Così diceva Re Edoardo VII d’Inghilterra.
Fa parte della nostra quotidianità, è un buon compagno di meditazione e in cucina è uno dei migliori ingredienti per ricette indimenticabili. E se ne parla, delle sue virtù e dei suoi “vizi”. Il vino non è solo una bevanda, ma è anche poesia, filosofia e accentratore di storie che si perdono fin dalla notte dei tempi.
Breve storia del vino
Il termine vino deriva da una parola sanscrita, “vena”, formata dalla radice ven (amare), la stessa della parola Venus (Venere). Il vino è dunque, da sempre, strettamente legato all’amore e alla gioia di vivere: una bevanda capace di rilassare il corpo, inebriare i sensi e anche mettere in contatto l’uomo con il soprannaturale. Se nella tradizione greca assumere il vino rendeva gli uomini pari agli dei, nella cristianità diventa parte integrante del rito della messa (il sangue di Cristo).
L’origine del vino si perde nel Neolitico: la sua invenzione fu del tutto casuale. L’uomo della preistoria scoprì per caso che il succo d’uva dimenticato in un recipiente di pelle, a causa dell’elevata temperatura, aveva subito una particolare trasformazione dagli esiti sorprendenti e anche gustosi, con effetti inebrianti. Le prime tracce della coltivazione della vite si trovano in Asia minore, nelle terre fra il Tigri e l’Eufrate. Ben nota è nella tradizione ebraico-cristiana la figura di Noè che appena uscito dall’arca pianta una vite e si ubriaca del suo vino. Ma furono gli Egizi a iniziare una vera e propria pratica enologica. Nella terra dei faraoni nascono infatti i primi grandi viticoltori e bevitori di vino, in gran parte rosso, conservato in anfore dove il produttore apponeva un sigillo con l’anno di vendemmia.
Con la civiltà ellenica, i metodi di vinificazione si perfezionano e la sbornia assume un carattere sacrale, tanto da riservare nell’Olimpo delle divinità un posto importante proprio al dio del vino Dioniso, figlio di Zeus. Anche in Italia, allora chiamata Enotria (terra della vite) fiorisce nelle colonie la civiltà del vino: a Sibari, in Calabria, viene costruito addirittura un enodotto (un condotto di argilla che convoglia il vino verso il porto dove viene imbarcato). Quindi dai Greci il vino si diffonde ai Romani ma con caratteristiche molto diverse con quello che oggi noi conosciamo e che forse non incontrerebbe il nostro gusto. Per prolungare la conservazione, i Romani bollivano il vino, trasformandosi così in un liquido denso e sciropposo ad alta gradazione e molto dolce. Veniva sempre allungato con dell’acqua (talvolta con quella di mare) per renderlo meno denso e meno acido. Le mense più ricche avevano un esperto che decideva di vota in volta e a seconda dei menu quali fossero le percentuali di acqua e vino da mescolare; era apprezzato il mulsum o vino con il miele, ed era normale addolcire o speziare il vino con zucchero di canna, resina, pepe, sale, petali di rosa e di viole, cannella, zafferano e sambuco. Il vino veniva poi conservato in recipienti di terracotta rivestiti di pece, tenuti vicino alle canne fumarie conferendo quindi al vino un gusto affumicato. Se era troppo scuro veniva chiarificato con albume d’uovo o addirittura con il gesso. Solo gli uomini potevano bere il vino mentre alle donne era rigorosamente vietato. Nel frattempo i Galli inventano il recipiente che rivoluzionerà per sempre la conservazione del vino: la botte di legno.
Nel Medioevo sono i monaci benedettini e cistercensi a tenere in vita la cultura del vino perché produrlo equivaleva a diffondere il messaggio di Dio. Nei campi di chiese, abbazie e monasteri iniziano a “spuntare” le viti e sono i monaci che inventano nuove varietà di uva da vino e sperimentano nuove tecniche: è un benedettino italiano che crea il metodo della rifermentazione in bottiglia, poi ripreso da Dom Perignon, l’inventore dello champagne. È comunque ancora un vino a metà: proviene da miscele di uve rosse e bianche e non supera l’anno di conservazione.
Nel tempo cambia il modo di consumarlo e il bevitore che lo sorseggia nelle osterie di città comincia a berlo senza alcuna necessità di allungarlo. Con il Rinascimento, il vino diventa merce di scambio attraverso i mercanti olandesi, inglesi e veneziani. Anche nel nuovo mondo appena scoperto nascono i pionieri del vino: i conquistadores si sono accorti che il vino non regge la traversata e per risolvere questo problema portano con sé le talee di viti europee per impiantarle sul suolo americano. Ma la vera epoca d’oro del vino è il Settecento:
- viene inventato l’imbottigliamento con tappo di sughero (fino ad allora la bottiglia veniva tappata con dei legnetti avvolti da stracci imbevuti nell’olio o legati da una colta di cera);
- vengono studiati i lieviti e lo zolfo
- vengono inventati i torchi.
Ormai si piantano vigneti in tutto il mondo ma ben presto, sempre con una traversata per mare, arriva in Europa il grande nemico della vite che causerà gravissimi danni: siamo nel 1850 e questo pericolo è la filossera, un afide che divorerà le viti europee per 40 anni fino al 1910, quando un francese individuerà il rimedio: innestare le viti europee su ceppi di vite americana. Diverse varietà scompariranno ma la produzione di vino non si è più fermata fino ad oggi.
Cos’è il vino
Il vino è una bevanda che si ottiene per fermentazione alcolica del mosto di uva fresca o leggermente appassita, a seconda della tipologia utilizzata. Il contenuto di alcool, per quanto concerne i vini italiani, varia tra 10° e 13°; si possono comunque trovare vini a tenore alcolico inferiore (spumanti, dolci circa 7°) e altri con gradazione superiore, quali alcuni vini pugliesi, veneti o sardi (14°).
Le bevande alcoliche possono essere distinte con questi criteri:
- prodotti naturali di fermentazione, quindi vini e birre;
- bevande alcoliche ottenute per miscelazione, macerazione o altro, quindi liquori;
- bevande ottenute per distillazione, quindi acquaviti.
Definiamo allora grado alcolico di una bevanda la quantità di etanolo (espressa in mL) presente in 100 mL di bevanda. In un vino con grado alcolico di 12°, per esempio, sono contenuti 12 mL di etanolo in 100 mL di vino.
Chimica del vino: l’alcol etilico o etanolo
L’alcol etilico è una sostanza a struttura chimica idrosolubile e non è un nutriente, in quanto all’organismo umano non ne ha bisogno per la sintesi dei macro e micronutrienti indispensabili per le proprie funzionalità; ha inoltre un elevato potere energetico ed effetti dannosi per eccesso di ingestione di bevande a base alcolica.
L’etanolo non si accumula nell’organismo come succede per i grassi o gli zuccheri ma viene metabolizzato solo in alcuni tessuti. Una piccola quota viene eliminata a livello renale e polmonare (si valuta intoro ai 2-5%), il resto invece viene attivamente ossidata quasi esclusivamente nel fegato. Superato un certo livello di assunzione, l’etanolo ha un effetto negativo sul sistema nervoso centrale, provocando assuefazione e dipendenza. La velocità di assorbimento, e quindi i livelli plasmatici di alcol dipendono da vari fattori: la presenza di cibo nello stomaco; assunto a stomaco vuoto, viene assorbito più rapidamente e i valori dell’alcolemia sono più elevati e durano più a lungo, al contrario ingerito durante il pasto o a stomaco pieno, viene assorbito in modo graduale e i livelli alcolemici sono meno elevati e persistono per tempo minore. Il picco alcolemico si aggiunge entro 30-45 minuti a digiuno e dopo 60-90 minuti se in concomitanza all’assunzione di alimenti. Per esempio, l’ingestione a stomaco vuoto di due bicchieri e mezzo di vino (circa 28 g di alcol) può determinare un livello ematico di 27-35 mg/dL.
I lipidi rallentano e le proteine accelerano l’assorbimento dell’etanolo, mentre il digiuno prolungato rallenta notevolmente il metabolismo.
Oltre ad acqua e alcol etilico, il vino nella sua composizione presenta anche altre sostanze in piccola quantità come:
- aldeidi, eteri che conferiscono al vino i caratteri organolettici o “bouquet”;
- acidi vari: tartarico, lattico, succinico, glicerina, tannini e zuccheri;
- tracce di vitamine e minerali;
- nonché quantità significative, specie nel vino rosso, di diverse sostanze antiossidanti come polifenoli e antocianine.
Un breve approfondimento per quanto riguarda gli zuccheri: alcuni fermentano per dare alcol come il fruttosio e il glucosio, per cui è presente solo una frazione di essi che non ha completato la fermentazione, mentre altri non vanno incontro a fermentazione (arabinosio e xilosio); talvolta si aggiunge saccarosio al vino durante la sua produzione, ma tale zucchero non è presente nel prodotto finale in quanto reagisce velocemente.
Le caratteristiche organolettiche del vino variano in relazione al tipo di uva utilizzata, alla provenienza, al processo di vinificazione. Il gusto del vino è soprattutto legato alle essenze formatasi durante la fermentazione a opera di lieviti specifici agenti sull’uva di quella determinata qualità coltivata su quel determinato terreno: infatti hanno molto importanza i sali presenti nel terreno di coltivazione.
La questione solfiti
Negli anni si è dibattuto molto sulla presenza dei solfiti nei vini, presupponendo che fosse legata esclusivamente alla pratica industriale. Invece è da dire che il loro utilizzo è antichissimo in enologia e ancora oggi, nonostante la ricerca in ambito alimentare abbia cercato di trovare dei validi sostituiti, sono utilizzati.
I solfiti vengono classificati come conservanti e se in eccedenza possono provocare degli effetti collaterali come: irritazione, sapore sgradevole, può causare mal di testa, tanto per citarne alcuni. La legislazione finora a noi nota ne consente un uso limitato compatibile al consumo alimentare.
Chi non è esperto comunque non sa che nel vino c’è comunque una presenza di solfiti naturali, alcuni in forma libera e altri legati con proteine e polifenoli. La loro presenza svolge un’attività antibatterica già durante il processo di vinificazione e a bassa concentrazione non vanno a danneggiare i icrorganismi utili durante la fermentazione.
Oltre all’azione antisettica, i solfiti permettono una migliore solubilità dei coloranti naturali e dei polifenoli, migliorando l’intensità e la vivacità del vino (mentre in dosi elevate succede il processo inverso) e hanno anche proprietà antiossidanti nei confronti di alcune sostanze tra cui quelle che causano l’intorbidimento del prodotto finito, definito “casse ossidasica”.
Benefici del vino
Se assunto in dosi moderate, il vino:
- esercita sul sistema nervoso un senso del benessere, un aiuto nei momenti di stanchezza: in questa lettura, quindi, il vino è da considerare come un alimento nervino al pari del caffè e trova la sua giustificazione nell’innato bisogno di nervini, comune a tutti gli uomini;
- gli antiossidanti contenuti nel vino, specialmente quello rosso, rallentano il processo di invecchiamento cellulare;
- agisce positivamente sui livelli plasmatici di colesterolo, trigliceridi e glicemia basale;
- può indurre un aumento della sensibilità dei tessuti all’azione dell’insulina;
- sembrerebbe avere un effetto benefico sulle ossa, contrastando l’osteoporosi tanto negli uomini quanto nelle donne;
- avrebbe un effetto positivo, in particolare quello bianco, nella prevenzione delle malattie reumatiche.
Per dosi più alte l’osservazione clinica e sperimentale dimostra che l’organismo va incontro a una perdita di calore per esagerazione dei fenomeni di vasodilatazione.