C’era una volta una donna nata nel 1899 a Spilamberto, in provincia di Modena. Si chiamava Maria, ma in famiglia era chiamata “Iucci”, abbreviazione confidenziale e affettuosa di “Mariuccia”.
Iucci giunse alla stazione ferroviaria di Porta Nuova, a Torino, quando aveva vent’anni, e rimase incantata dalla bellezza della città. Spesso raccontava di quanto l’avesse colpita l’eleganza di Piazza Carlo Felice, antistante la stazione.
Iucci arrivò a Torino per raggiungere alcuni parenti, con il suo bagaglio di esperienza della Prima guerra mondiale, inconsapevole che, dopo alcuni anni, ne avrebbe vissuta un’altra, questa volta, però, come madre di cinque figli, il più piccolo dei quali, nato nel 1936, sarebbe diventato mio padre.
Iucci sapeva bene cosa significassero povertà, privazioni e ottimizzazione estrema di ciò che si aveva a disposizione in cucina. Conosceva forme di coraggio che avrebbero fatto impallidire un Navy Seal, la forza interiore, la dignità sopra ogni altra cosa, la volontà di riscatto e un’eleganza del pensiero che la portarono, da autodidatta, a diventare una donna colta che amava le letture raffinate.
Mia nonna, che coniugava una capacità di cantare con voce celeste a un umorismo sottile e a manrovesci educativi in stile dell’epoca che mio padre si ricorda ancora perfettamente, seppe tenere alto, altissimo, alle stelle, l’onore della cucina emiliana tradizionale.
Oltre a Turtléin (Tortellini) che facevano gridare al miracolo ad ogni boccone e a molte altre specialità, preparava la Chersenta Fritta (Crescenta Fritta – Gnocco Fritto Modenese) per tutta la famiglia.
Quando, nella casa di campagna della mia famiglia, la parola Chersenta (piemontiesizzata in Carsenta per quel meraviglioso fenomeno che sono le contaminazioni territoriali e dialettali), attraversava l’aria, tutti eravamo felici.
Iucci la preparava assieme alla mia mamma e alle mie zie Egle e Trude (diminutivo di Geltrude, nativa di Friburgo).
La particolarità della Chersenta Fritta di mia nonna era la presenza dello stracchino nell’impasto che la rendeva un irresistibile connubio di croccantezza e morbidezza.
Il profumo della Chersenta che friggeva trasformava tutti i membri della famiglia (sottoscritta non esclusa), in silenziosi Incursori Altamente Specializzati con impareggiabili doti di mimetismo, movimento non tracciabile dai radar, pianificazione tattica e attacco silenzioso.
Entravamo in cucina e andavamo a caccia di un pezzo di Chersenta Fritta appena cucinato, caldo e fragrante.
Con sommo orgoglio posso dirvi che, nonostante l’occhio vigile di nonna, mamma e zie, i miei sopralluoghi avevano sempre successo. Meriterei la medaglia al valore.
Quando arrivava il momento di mettersi a tavola e di assaporare un gusto familiare che si è radicato in me con una profondità commovente, mangiavamo la Chersenta Fritta con la salsa di pomodoro, ereditando inconsapevolmente le necessità di adattamento che Iucci aveva vissuto sulla sua pelle, perché quando era giovane lei “mica c’erano i soldi per il prosciutto crudo come adesso”.
Oggi ho detto a mio padre che avrei scritto l’introduzione di questa ricetta. È stato toccante sentire l’emozione farsi strada in lui e generare aneddoti e racconti. Mi ha detto, ad esempio, che mia nonna gli raccontò che da bambina imparò che la Chersenta Fritta si tagliava rotonda, si praticava un buco nel centro e si friggeva nello strutto, e che invece lei la tagliava a losanghe per utilizzare tutta, ma proprio tutta la pasta ed evitare ritagli e sprechi.
Da quando cucino (sono tanti anni ormai) e, in particolare, da quando ho fondato il mio sito Libricette, in me è maturata la consapevolezza che il cibo è un potentissimo mezzo di comunicazione, di espressione del sé interiore ed è al contempo generatore e catalizzatore di ricordi.
Ora, con il cuore che trema un po’, vi lascio la ricetta della Chersenta Fritta in stile Nonna Iucci.
NOTA IMPORTANTE
Come spesso accade quando si parla di un prodotto tipico e di una preparazione tradizionale, esistono molte ricette relative allo Gnocco Fritto Modenese che prevedono alcune varianti.
La mia ricetta prende le mosse da quella della mia nonna e non ha la pretesa di essere “dogmatica”. Semplicemente, lei la Chersenta la faceva così J.
Ringrazio il progetto QUI DA NOI di FedAgriPesca Confcooperative che ospita questa ricetta tratta dal ricettario gratuito I Buffet dell’Estate – Volume 2 del mio sito Libricette.
Ingredienti
(dosi per 6 persone)
Per la Chersenta Fritta Modenese:
3 grammi di lievito di birra secco
Latte intero fresco q.b. per impastare
250 grammi di farina 00 + un po’ per la lievitazione e per stendere la pasta
65 grammi di Stracchino
Una presa di sale + un po’ per salare la Chersenta dopo la cottura (se necessario)
Un cucchiaio di olio extravergine di oliva
Abbondante olio di semi di arachidi per friggere
Per accompagnare:
Passata di pomodoro q.b.
Olio extravergine di oliva q.b.
Sale q.b.
Pepe nero macinato al momento q.b.
Procedimento
Sciogliere il lievito di birra secco in poco latte tiepido mescolando con cura, dopodiché coprire e lasciare riposare per 5 minuti.
Setacciare la farina sulla spianatoia, quindi creare la classica fontana con cratere centrale.
All’interno di quest’ultimo versare la miscela di latte e lievito e un altro po’ di latte per agevolare l’impasto.
Aggiungere lo Stracchino tagliato a pezzetti e lavorare iniziando a incorporare liquido, Stracchino e farina, portando una parte di quest’ultima dall’esterno verso l’interno della fontana.
Unire il sale e l’olio e impastare per almeno 10 minuti o fino a ottenere una pasta molto liscia e morbida ma non troppo molle che non deve attaccarsi alle dita (l’impasto può essere realizzato anche nella planetaria equipaggiata con il gancio). La quantità di latte utilizzata varia in base al grado di assorbimento della farina; è quindi necessario aggiungerlo poco alla volta e al bisogno.
Formare una palla e porla in una capiente ciotola infarinata.
Coprire con pellicola da cucina e lasciare lievitare per un’ora nel forno spento con la luce accesa.
Nel frattempo, condire la passata di pomodoro con olio, sale e pepe. Mescolare e tenere da parte.
Trascorso il tempo di lievitazione, scaldare abbondante olio in una padella a bordi alti (meglio se di ferro), portandolo a 175°C.
Per verificare se l’olio è in temperatura è utile ricorrere a un termometro apposito. In mancanza di questo strumento friggere una piccola quantità di impasto. Se scende sul fondo per poi salire subito a galla, l’olio è pronto.
La temperatura dell’olio è fondamentale. Se è troppo bassa la Chersenta si impregna, risultando unta, pesante e molle. Se, al contrario, la temperatura è troppo alta, la Chersenta brucia sviluppando sostanze dannose.
Stendere la pasta con il mattarello conferendole forma triangolare, quindi, usando una rotella liscia, tagliarla in losanghe di 7,5 x 2,5 centimetri circa.
Friggere poche losanghe alla volta rivoltandole dopo pochi istanti.
Non appena il lato immerso nell’olio è dorato, rivoltarle nuovamente e completare la cottura.
La Chersenta Fritta Modenese deve risultare dorata, gonfia e non eccessivamente croccante.
A mano a mano che sono pronte, scolare le losanghe dall’olio e appoggiarle su carta assorbente da cucina, salandole se necessario.
Servire la Chersenta Fritta Modenese accompagnandola con la passata di pomodoro condita.
NOTE IMPORTANTI
A proposito di olio, io utilizzo quello di arachidi perché ha un punto di fumo molto alto. In alternativa (come da tradizione), è possibile usare lo strutto. Altra possibilità è data dall’olio extra-vergine di oliva.
Per questioni di salute e igiene, mai riutilizzare l’olio usato per friggere. So che quello di qualità non costa poco e che gettarlo sembra uno spreco, ma è importante ai fini della salute propria e altrui.
L’olio utilizzato per friggere non deve essere smaltito versandolo negli scarichi domestici o con altri metodi che non prevedano di coinvolgere operatori designati. Deve essere filtrato, versato all’interno di un apposito contenitore e consegnato in un centro di raccolta deputato, come le isole ecologiche. Per qualsiasi informazione al riguardo è possibile rivolgersi al proprio Comune di residenza.
La ricetta è stata realizzata da Paola Uberti, fondatrice di LIBRICETTE.eu