Dott. Basilio Malamisura: dopo la diagnosi di celiachia, la gestione del disagio nella famiglia del bambino celiaco

pastaUn indicatore sensibile delle conseguenze a lungo termine di una malattia cronica è rappresentato dalla “qualità di vita”, che rappresenta la discrepanza tra quello che un individuo è praticamente in grado di fare e quello che vorrebbe essere in grado di fare; questo può fornire informazioni descrittive sullo stato di salute del bambino con malattia cronica ed è utile a progettare interventi che limitino le interferenze della malattia sulla vita familiare.

Nella celiachia la dieta aglutinata corregge il danno e le complicanze di malattia in modo definitivo, infatti si può dire che il celiaco è malato fino al momento in cui si pone la diagnosi e che successivamente, la sua, deve essere considerata una “condizione” che richiede, per il mantenimento di uno stato di salute ottimale, l’adozione di una rigorosa dieta speciale che rappresenta l’unico trattamento oggi disponibile. Anche se tale trattamento è “a vita”, la celiachia non deve essere considerata alla stregua di altre patologie croniche quali il diabete, l’artrite reumatoide o le malattie infiammatorie croniche intestinali. Infatti, in tali casi, il soggetto deve necessariamente convivere con la consapevolezza di un progressivo peggioramento della sua malattia nonostante i trattamenti instaurati, anzi talvolta sono i farmaci stessi che, con i loro effetti collaterali, possono influire negativamente sulla qualità di vita del paziente. Al contrario nel celiaco a dieta non si assiste affatto ad un peggioramento della malattia in quanto, nella gran parte dei casi, si verifica un netto miglioramento della salute fisica ed inoltre la dieta non ha effetti collaterali negativi dal punto di vista nutrizionale. Nonostante quanto detto a volte è meglio, per la qualità di vita del paziente, assumere una pillola al mattino che modificare le proprie abitudini alimentari in modo tanto radicale come accade nel celiaco. Il glutine, infatti, fa parte della nostra cultura sia alimentare (la dieta mediterranea) che sociale-relazionale (la pizza in compagnia) e anche religiosa (l’eucaristia), per questo motivo la dieta aglutinata, pur priva di effetti collaterali, presenta problematiche di accettazione (“compliance”) oltre che psicologiche importanti per il bambino, inoltre la dieta dovrà essere “continuata”, quindi comporta l’istaurarsi di un nuovo modo di vivere.

familyQuando in un bambino si manifesta una malattia cronica i problemi e i bisogni della intera famiglia si moltiplicano, assommandosi a quelli ordinariamente esistenti in tutte le famiglie. La scoperta della malattia, confermata dalla diagnosi del medico, rappresenta un momento di crisi e di shock, di durata più o meno lunga in relazione alle risorse possedute dalla famiglia. La famiglia può reagire inizialmente con una negazione della malattia (fase di negazione), può provare disorientamento, rabbia, delusione, disillusione (circa le aspettative sul futuro del bambino). Anche il bambino può attraversare questa fase di negazione (se io sono già malato, come può un biscotto, farmi ulteriormente male?), i genitori possono diventare iperprotettivi fino a soffocarne la creatività e la sua libertà di “essere bambino”, rischiando di ostacolarne lo sviluppo. Dopo questa fase critica la famiglia (che nel frattempo ha reagito trovando “dentro e fuori di essa” le risorse necessarie) attraversa una fase di transizione in cui può manifestare sensazioni di tristezza, impotenza, rabbia, vergogna o invidia verso altre famiglie con figli “sani”, insieme ai sensi di colpa. E i sensi di colpa emergono particolarmente quando il problema ha una componente genetica e quindi ereditaria, come nel caso della celiachia. A volte uno dei due genitori (spesso il padre) tende a “fuggire” dedicandosi sempre più al lavoro, l’altro genitore diventa facilmente figura di riferimento esclusiva del bambino, ma questo è più che altro frutto di stereotipi sociali che vedono nella donna in particolare la persona che “deve” prendersi cura del bambino, specie se “malato”. Anche il bambino reagisce con rabbia e con frustrazioni che si sommano alla stessa rabbia e alla depressione quando realizza che mangiare “all’esterno” provoca l’ansia di dover spiegare agli altri “perché”. In questa fase di riconfigurazione e di assestamento la famiglia ha bisogno di esternare le proprie emozioni e di organizzarsi per mettere a disposizione del bambino una certa quantità di tempo per accudirlo; ha bisogno di informazioni relative alla malattia; ha bisogno di mobilitare risorse anche economiche e assistenziali; ha bisogno di sostegno sociale.

Infine c’è la fase di accettazione in cui il bambino e la sua  famiglia cominciano a pensare che in fondo non è la malattia peggiore tra tutte quelle che potevano capitare; che in fondo non ci sono farmaci da assumere, non ci sono estenuanti trattamenti da fare in ospedale e, in fondo, è necessario soltanto seguire una dieta per controllare i sintomi. Quello che dovrà ora affrontare il bambino è il confronto con i suoi pari, gestire questa “diversità”, il senso di frustrazione nei confronti dei coetanei che possono mangiare quello che vogliono, il senso di frustrazione nel confronto con la pubblicità dei cibi che lui non può mangiare. Quello che dovrà affrontare ora sarà la gestione dello stress e della necessità di impostare tutta la sua vita per convivere con un problema cronico. E la famiglia (che, nel frattempo, si è adattata al problema) è oramai una famiglia in cui il carico emotivo è ben distribuito tra i due coniugi che hanno intanto imparato a gestire le frustrazioni, a controllare le emozioni, a comunicare apertamente i vissuti e le difficoltà oltre che a gestire insieme la malattia.

A questo punto adattarsi ad una malattia cronica, vuol dire anche attribuirle un significato; col tempo essa può assumere un valore fondamentale per la famiglia, può rappresentare un potente fattore di coesione interna, può dare un senso, una direzione e una “densità affettiva” alla vita di tutti i giorni; può arrivare ad essere una via di fuga dalla quotidianità che a volte logora, nel tempo, le famiglie con figli “sani”.

Basilio Malamisura