Immaginate di camminare per le vie del Rione Regola, sulla sinistra del fiume Tevere, in una Roma ambientata in pieno Ottocento. Potrebbe capitarvi di sentire questi versi:
«So’ Regolante; faccio er conciapelle
e so’ de discendenza vaccinaro….
Er gusto nostro, quann’avemo fame,
è de magnà la coda de vaccina
cor sèllero a stufato in der tigame»
Il Rione Regola fin dal Medioevo era la zona dove esercitavano i conciatori di pelli (bovine, ovviamente) e un epiteto che ne identificava gli abitanti in base ai propri gusti (spesso obblighi) alimentari, in questo caso era “magna-code”… e a detta di testimonianze certe, le donne la cucinavano da leccarcisi i baffi.
La coda di bue viene considerata, al pari delle interiora e insieme alla testa e ai piedini, facente parte del cosidetto “quintoquarto”, l’ingrediente principale ed economico di quella cucina povera tipica delle case romane, ma diventa nel tempo una grande protagonista, soprattutto nelle trattorie e osterie nei dintorni del principale mattatoio cittadino nel quartiere di Testaccio.
Esistono almeno due versioni della Coda alla vaccinara, una più ricca che includeva anche le guance di bovino (dette anche gaffi), ed un’altra più semplice che spesso derivava da una cottura precedente per ottenere un brodo molto sostanzioso. La coda lessata veniva poi insaporita come nella classica ricetta e alla fine si potevano ottenere un primo piatto da brodo, un sugo ricco per la pastasciutta e un secondo di carne.
La ricetta proposta è quella in cui non sono presenti i gaffi e, qualora non fosse gradito l’abbinamento con uva passa, pinoli e cioccolato, sappiate che eliminando questi ingredienti vi ritroverete a preparare una Coda alla Vaccinara all’uso di Civitavecchia.
Ingredienti
(dosi per 4 persone)
1.5/2 kg di coda di bovino adulto già tagliata a pezzi
50 g di lardo fresco
100 ml olio extravergine di oliva
1 cipolla bianca
1 carota
8 coste di sedano bianco
½ spicchio di aglio
1 kg di pomodori pelati col loro succo
200 ml di vino bianco
20 g di uvetta sultanina
20 g di pinoli
8 g di cioccolato amaro grattugiato finemente
acqua q.b.
sale e pepe q.b.
Procedimento
Il giorno precedente, mettete in una ciotola capiente la coda immergendola in acqua per farla spurgare del sangue trattenuto dalle carni.
Al momento di preparare la ricetta, sciacquate i pezzi di coda sotto acqua corrente e tamponate con carta assorbente.
In un mortaio pestate il lardo con l’olio, poi trasferitelo in un tegame di terracotta (o di ghisa oppure di alluminio a fondo spesso).
Tritate finemente la cipolla, l’aglio, la carota e una parte di sedano e soffriggete questo battuto con il pesto di lardo. Quando il soffritto inizierà ad imbiondire e profumare, aggiungete i pezzi di coda e fateli rosolare bene. Sfumate con il vino e coprite per circa 15 minuti.
Aggiungete i pomodori pelati con il loro succo, aggiustate di sale e pepe, coprite se necessario fino a livello della carne con poca acqua e lasciate cuocere lentamente a fuoco bassissimo per almeno 3 ore (il tempo che serve affinché la carne si distacchi dall’osso) e comunque al massimo per 5-6 ore. Ogni tanto controllate che il sugo non si asciughi, quindi aggiungete poca acqua calda per volta.
Nel frattempo sbollentate le coste di sedano per pochi minuti in acqua, scolateli, tagliateli a pezzi e trasferiteli in una padella con una parte di condimento della coda, i pinoli e l’uvetta e scaldate il tutto per circa 5-10 minuti. Alla fine grattugiate il cioccolato affinché si sciolga sull’intingolo.
Servite la coda con il suo sugo e insieme, o in un piatto a parte, il condimento con il cioccolato.
Abbinamenti ideali: Cabernet Sauvignon IGT Lazio, Roma DOC, Castelli Romani Rosso DOC.
Autore: Monica Martino
Blog: Esperimenti in Cucina – Una biologa ai fornelli