Dopo aver approfondito le caratteristiche dei carboidrati, i macronutrienti che sono importantissimi per la dieta quotidiana, ora parliamo di un alimento che rientra in questa categoria, è il vanto della cucina italiana e fa sempre e comunque discutere: la pasta. Ma scopriamo qualcosa di più e conosciamola meglio.
La pasta, oggi considerata una specialità tipicamente italiana, sembrerebbe che non abbia mai avuto origini nel nostro Paese. Non ci sono tracce archeologiche e storiche del suo uso in ambito alimentare, in quanto anche la nota lagana, citata spesso come un’antenata della pasta, in realtà non sarebbe stata altro che una sorta di focaccia cotta al forno.
È invece più probabile che il nostro sguardo per scoprire l’origine di questo alimento debba essere volto verso l’Oriente ma non pensiamo immediatamente alla Cina perché… se facciamo riferimento per esempio agli spaghetti, il formato di pasta più conosciuto al mondo, non penseremmo mai che i primi spaghetti nella storia sono stati mangiati nel VI secolo a.C. in un territorio che oggi corrisponde all’attuale Pakistan. Venivano considerati comunque degli scarti della lavorazione della pasta, la quale veniva preparata tramite un processo di essiccazione nelle cucine del Sultano di Bahawalpur, e questi venivano dati come pasto agli inservienti.
Il nome spaghetto comunque viene dato successivamente dal figlio del Sultano, dopo che si accorse che questa pasta rimaneva indurita e dritta come i soldati di suo padre, i “sipahee”. È comunque con Marco Polo che gli spaghetti superano i confini della valle dell’Indo: ospite di un mercante turco, assaggia un piatto di “spahi” conditi alle usanze del posto e la pietanza gli piacque così tanto che riuscì a farsi lasciare la ricetta e tornato a Venezia la volle diffondere.
In seguito il termine “spahi” viene italianizzato in spaghi e successivamente nel più conosciuto spaghetti ma questa è una delle versioni sulla comparsa di questo formato di pasta oggi sulle nostre tavole. Quindi è in Italia che la pasta ha trovato l’ambiente più adatto per differenziarsi e diventare l’alimento raffinato che oggi conosciamo.
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Tecnologia della pasta
Dal punto di vista tecnico, ciò che chiamiamo pasta deriva da una miscela di ingredienti di consistenza liquida (uova e acqua) con farine di cereali e a cui possono essere aggiunti altri ingredienti (legumi, castagne, pomodoro, nero di seppia, erbe aromatiche, erbette e spezie per dare al prodotto finito colori e sapori particolari e quindi vengono definite paste speciali.
Secondo una legge del 2000 a tutela del prodotto nazionale, il termine “pasta” viene riservato unicamente a quella preparata esclusivamente in Italia. La produzione della pasta è regolamentata da una serie di norme rigide per quanto concerne i materiali impiegati e le modalità di realizzazione.
Pasta secca. Viene prodotta utilizzando semola e semolati dalla macinazione del grano duro, che vengono poi miscelati con l’acqua e tale miscela passerà per le fasi di:
- impastamento
- trafilazione
- laminazione
- essiccamento
Nonostante la produzione sembri alquanto semplice, in realtà entrano in gioco molte variabili che devono essere controllate attentamente come la durezza dell’acqua, l’umidità e la temperatura di essiccamento per fare in modo di avere un prodotto finito senza difetti per essere commercializzato, secondo disciplinare.
Esistono inoltre le cosiddette paste speciali integrate secche, alle quali vengono aggiunte sostanze come malto o glutine, utilizzate soprattutto per diete dedicate all’infanzia e alla senescenza, con un elevato valore proteico che può arrivare anche al 25%.
Abbiamo inoltre la pasta integrale, quindi prodotta con semola a diverso e minore grado di raffinazione nella quale, pertanto, è ancora presente una certa percentuale di crusca.
Pasta fresca. Viene ottenuta con uova e farina di grano tenero e, in alcuni casi, può essere preparata anche con semola rimacinata di grano duro e acqua. Anche questo tipo di pasta è regolamentato da normative, secondo cui devono essere impiegati almeno 200 g di uova di gallina per ogni chilogrammo di farina o farina miscelata a semola. La percentuale in proteine, rispetto alla tipologia secca, è molto più alta e di migliore qualità per la presenza di proteine ad elevato valore biologico provenienti dalle uova. Le paste speciali possono contenere, per la loro specificità, un quantitativo maggiore di uova (fino a 40 tuorli per chilogrammo di farina). L’aggiunta di altri elementi negli impasti speciali, comunque, non deve superare il 20% nella formulazione, altrimenti si rischia di produrre un impasto poco elastico e poco resistente.
La cottura
La pasta deve essere cotta “al dente” e tale modalità non è un capriccio da buongustaio perché la cottura di questo alimento deve rispondere a delle corrette regole fisiologiche. Una pasta cotta eccessivamente, infatti, risulta poi molto difficile da digerire per lo stomaco di una persona adulta sana. La pasta deve essere masticata perché il lavoro della masticazione consente l’utilizzazione dei succhi densi e appropriati provenienti dalle ghiandole salivari che contribuiscono a una digestione ottimale.
Il processo digestivo dei carboidrati avviene già nella bocca grazie all’enzima ptialina che agisce sull’amido in modo da scomporlo in strutture più semplici. Tale processo digestivo prosegue poi quando il cibo arriva nel duodeno e nei vari segmenti dell’intestino tenue.
La cottura è giusta quando la pasta, nel piatto, non appare bianchissima ma conserva un po’ del suo colore leggermente paglierino e va servita al dente, non deve essere al dente quado la si assaggia perché essa continua a “cuocere” fino a che non viene mangiata. La sua digeribilità dipende inoltre dal tipo di condimento, poiché i grassi crudi si digeriscono molto più facilmente di quelli “cotti”.
Nutrienti della pasta
Affermare che la pasta possa costituire alla lunga un’insidia per il nostro metabolismo non è esattamente vero. La pasta, specialmente negli ultimi decenni, è stata a lungo sul banco degli imputati ma studi e ricerche hanno invece enfatizzato l’importanza del suo ruolo nella dieta quotidiana.
100 g di pasta secca di semola di grano duro forniscono un apporto energetico di sole 360 kcal, di cui il 72% sono carboidrati complessi, il 12% sono proteine e un contenuto in grassi quasi trascurabile, mentre una pari quantità di pasta fresca ha una densità calorica inferiore, pari a 260 kcal (290 kcal se parliamo di pasta fresca all’uovo), in quanto più ricca in acqua. La stessa quantità di pasta secca integrale ha una densità calorica di 320 kcal.
Comunque, a fine cottura con l’assorbimento dell’acqua, le calorie si riducono raggiungendo circa lo stesso livello di densità calorica, pari a 160 kcal e ovviamente la densità calorica aumenta in base al condimento scelto per la pasta.
Il modo migliore di condire la pasta è quello che integra le sue carenze naturali, ovvero:
- per colmare la mancanza di vitamine si consigliano salse vegetali, preparate con grassi aggiunti soltanto all’ultimo;
- per colmare la carenza di grassi si può aggiungere, all’ultimo prima di servire, olio extravergine d’oliva o burro, a seconda dei gusti o delle esigenze dei consumatori;
- per aggiungere proteine di origine animale, si può unire del formaggio grattugiato di qualità.
L’articolo è a cura della dott.ssa Monica Martino, Biologa e Consulente per aziende agroalimentari e Food Blogger.