La nascita di un figlio segna l’inizio di un periodo entusiasmante. Facendogli seguire un’alimentazione equilibrata si gettano le basi per uno sviluppo sano del bambino verso l’età adulta (leggi anche Alimentazione in gravidanza).
Nei primi 4-6 mesi di vita il suo nutrimento esclusivo è a base di latte materno o, in alternativa, di un alimento per lattanti. Successivamente, introducendo alimenti di complemento, la dieta diventa più variata e poco per volta il bambino imparerà a conoscere nuovi cibi sviluppando nel contempo anche i vari sensi correlati come il gusto, il tatto e la vista. Inoltre il principale obiettivo della nutrizione nel primo anno di vita è quello di assicurare un adeguato apporto dei nutrienti necessari per garantire al bambino uno stato di salute ottimale e una crescita adeguata.
Il latte: il primo alimento
Nel suo primo anno di vita, l’alimentazione del neonato e del lattante ha un unico grande protagonista, il latte materno o, in alternativa, un latte appositamente formulato in base all’età e alle esigenze nutrizionali in parallelo all’accrescimento corporeo.
La ricerca scientifica, soprattutto di recente, sta fortemente avvalorando la preziosità di questo alimento unico e inimitabile, per quanto un formulato artificiale possa avvicinarsi. In particolare sono stati studiati gli effetti positivi che il latte materno è in grado di determinare sia a breve che a lungo termine, la sua complessità biologica dovuta a un processo di adattamento che dura da millenni che lo ha portato a diventare una fonte essenziale di nutrienti e un importante veicolo di componenti immunitarie e metaboliche, microbiologicamente sicuro, nutrizionalmente bilanciato, economico e sempre disponibile a temperatura corretta.
L’allattamento al seno annovera tra i suoi benefici anche un corretto sviluppo delle strutture oro-facciali del neonato. Infatti:
- promuove la respirazione nasale che a sua volta stimola la crescita mascellare superiore
- tramite i suoi movimenti sviluppa la mandibola del neonato, la muscolatura oro-facciale che sostiene l’esecuzione dei suoni del linguaggio articolato.
Solo in caso di reale impossibilità di allattare al seno, l’alimentazione del lattante nel primo semestre di vita dovrà necessariamente rivolgersi a un latte in formula.
È fondamentale informare i genitori che nel primo anno di vita non va assolutamente somministrato al bambino il latte vaccino in commercio come sostituto, poiché per le sue peculiarità caratterizzanti non è adatto come alimento fondamentale: dalle quantità insufficienti di ferro e poco biodisponibili rispetto al latte umano, al men che ottimale rapporto calcio/fosforo, dall’eccesso in proteine e sali minerali (soprattutto sodio), all’eccessiva quantità di grassi saturi (vedi tabella). Le limitate capacità digestive e metaboliche del neonato e del lattante non riuscirebbero a fargli assimilare questo tipo di latte e nel tempo gli creerebbero delle problematiche nella sua crescita e rischi di allergie alimentari.
Il bambino, durante la singola poppata può voler succhiare a un seno solo oppure a tutti e due ed è consigliabile di lasciarlo fare da un lato finché ne ha voglia, in modo da ricevere anche la parte finale di latte (detta “panna che sazia”) la quale ha una concentrazione lipidica di 2-3 volte più alta rispetto all’inizio della poppata. Il latte materno, infatti, non è un fluido omogeneo ma un secreto della ghiandola mammaria e si diversifica sia dall’inizio della montata lattea dopo il parto che durante la poppata in sé:
- nei primi 5 giorni subito dopo il parto la mammella secerne il colostro, un secreto molto denso fonte di una grande quantità di fattori immunitari per le prime difese del piccolo organismo, fattori di crescita, oligosaccaridi per il nutrimento della flora batterica intestinale, proteine, vitamine e sali minerali;
- tra il 5° e il 10° giorno abbiamo il cosiddetto latte di transizione, in cui aumenta la percentuale di grassi e lattosio, con conseguente aumento dell’apporto calorico, diminuendo invece la quota proteica e minerale;
- dal 10° giorno in poi invece viene secreto il latte maturo, veramente abbondante, ricco di grassi, carboidrati e con in più un apporto proteico e di sali minerali ottimale in rapporto alle aumentate esigenze nutrizionali del neonato.
Nel caso che l’allattamento al seno divenga difficile (e quindi situazione di stress per mamma e bambino), la produzione di latte deve essere comunque promossa attraverso il tiralatte. Per una maggiore qualità del latte, l’operazione andrebbe fatta ogni 3 ore (lo stesso intervallo per la poppata naturale), che aiuta la ghiandola mammaria proprio come farebbe la suzione da parte del bambino. La scelta di un biberon con una tettarella molto simile al capezzolo faciliterebbe in un secondo momento l’attacco o il riattacco al seno del neonato. A prescindere, è comunque un modo per la mamma per poter fornire il proprio latte (e le sue virtù) a suo figlio.
Viceversa, è a disposizione del commercio un’ampia gamma di formule suddivise in almeno tre tipi principali: di partenza, di proseguimento, di crescita. Ognuna di queste tipologie, progressivamente meno lontane in composizione dal latte vaccino, ha delle precise indicazioni relative ai tempi di utilizzo.
Esistono inoltre dei latti formulati che si collocano tra gli alimenti destinati ai fini medici speciali, sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali di gruppi vulnerabili della popolazione lattante ben identificata e con una formulazione in nutrienti adattata a una specifica patologia (allergia alle proteine del latte vaccino, intolleranze al lattosio, allergie alle proteine del latte materno, lattazione per neonati pre-termine o basso peso alle dimissioni).
Gli alimenti complementari: nuovi sapori e consistenze
L’alimentazione esclusivamente lattea (soprattutto al seno) è in grado di far fronte a tutte le esigenze nutrizionali del lattante nel primo semestre di vita. Per assicurare all’organismo un adeguato apporto di macro e micronutrienti è opportuno in seguito proseguire iniziando ad integrare altri alimenti, siano essi solidi, semisolidi e liquidi comunque diversi dal latte materno e dai suoi sostituti. L’inizio dell’alimentazione complementare (comunemente conosciuta come divezzamento) è una fase molto importante nella storia nutrizionale del bambino nonché molto delicato della crescita, dove si passa da un’alimentazione cosiddetta “dipendente” a una “indipendente”.
Come i genitori si possono accorgere quando è il momento giusto per iniziare il divezzamento? In genere i segni che il bambino “lancia” sono molto comuni come:
- la progressiva perdita del riflesso di estrusione, ovvero quel movimento in cui tira fuori la lingua se si stimolano le labbra e che permette ai neonati di poppare;
- la capacità di stare seduto in modo autonomo senza essere aiutato;
- il grande interesse per il cibo dei grandi (soprattutto se colorato), qualora durante i pasti è seduto col seggiolone vicino al tavolo.
Comunque sia, il passaggio verso una dieta il più simile a quella dei genitori deve avvenire in modo lento e rispettoso dei tempi di ogni bambino.
Se fino alla fine dell’800 l’alimentazione con il latte materno veniva spesso prolungato oltre i 2 anni di vita del bambino, nel secolo scorso l’età raccomandata per iniziare l’alimentazione complementare è man mano diminuita; questa tendenza coincideva per lo più all’abbandono dell’allattamento al seno e quindi al ricorso ad un’alimentazione artificiale, dovuto soprattutto ad esigenze sociali e lavorative delle madri.
Le attuali conoscenze scientifiche non fissano dei termini rigidi, ma suggeriscono dei limiti di età che mirano a una prevenzione delle carenze nutrizionali nella popolazione legate al prolungamento eccessivo della sola alimentazione al seno oppure a un eccessivo anticipo del divezzamento, in una fase dello sviluppo del lattante in cui alcune funzioni neurologiche e anatomo-fisiologiche possono essere ancora non adeguatamente mature. Quindi le attuali raccomandazioni suggeriscono quindi di iniziare il divezzamento intorno al 6° mese di vita.
Con l’introduzione di alimenti liquidi e solidi diversi dal latte, bisogna porre una maggiore attenzione nella loro scelta in merito sia alla digeribilità che alla corrispondenza dei fabbisogni del bambino in rapida crescita e sviluppo, per fornire soprattutto energia e proteine, un buon apporto di ferro, zinco, vitamina A e vitamina D.
Come iniziare il divezzamento nel modo migliore? Si comincia con la preparazione di pietanze composte da uno o pochi ingredienti, introducendoli progressivamente e gradualmente, senza forzare il bambino quando in quel momento non gradisce un alimento e riprovare in una pappa successiva.
Altre indicazioni principali si possono riassumere in questi pochi punti:
- il glutine deve essere evitato fino ai 6 mesi di età e dalle recenti ricerche si è visto che né il periodo di introduzione né la quantità di glutine sembrano avere un effetto sul rischio di sviluppo del morbo celiaco quindi gli alimenti contenente questo complesso proteico possono essere inseriti nel piano alimentare in qualsiasi momento dopo il 6° mese;
- i vegetali ricchi di nitriti (spinaci, lattuga) devono essere evitati, in quando diverse ricerche hanno constatato che questi si legano all’emoglobina, la proteina del sangue che trasporta l’ossigeno nel circolo sanguigno, facendole cambiare “aspetto” e quindi limitando l’ossigenazione provocando difficoltà respiratorie anche serie;
- non utilizzare sale e zucchero almeno fino ai primi 2 anni di vita, in quanto si abbassa notevolmente l’incidenza futura di ammalarsi di patologie legate ad un eccesso di sodio e carboidrati semplici nella dieta (ipertensione, diabete), abituando già da piccolo il bambino alla sapidità e dolcezza naturale dei cibi;
- ritardare l’introduzione dei cibi potenzialmente allergenici solo nei bambini ad alto rischio familiare per allergia o con storia personale di reazioni allergiche già nel primo trimestre;
- la dieta, indicata dallo specialista di fiducia, deve essere bilanciata nell’apporto dei macronutrienti, evitando un eccesso di proteine;
- promuovere l’assunzione di acqua invece di bevande zuccherate.
In generale, la composizione della prima pappa varia in funzione del tipo di allattamento.
Per il bambino allattato al seno, dopo il 6° mese si consiglia di sostituire un pasto di latte materno con una pappa a base di brodo vegetale con aggiunta di crema di riso, mais, tapioca o multicereali, un cucchiaino di olio d’oliva, 40 g di un omogeneizzato di carni bianche (meglio se preparato in casa) oppure due cucchiaini di Parmigiano Reggiano oltre 30 mesi grattugiato. Per il bambino allattato artificialmente, invece, considerato il fatto che il latte formulato fornisce una quota maggiore di proteine e di ferro, il pasto sostitutivo del latte può essere composto da 3-4 cucchiai di crema di riso, mais e tapioca o multicereali in brodo vegetale, un cucchiaio di olio, uno o due cucchiaini di Parmigiano Reggiano oltre 30 mesi grattugiato o di ricotta.
Il bambino per tutto il primo anno di vita viene definito lattante proprio perché nel latte trova il proprio nutrimento principale e deve essere messo in condizione di sperimentare lentamente, gradualmente e liberamente a partire dal secondo semestre di vita nuovi sapori, consistenze e densità, in un processo di sviluppo globale che lo porterà ad essere infine un mangiatore onnivoro e autonomo.
Il divezzamento, quindi deve essere un processo naturale, gradito, adattato al singolo bambino, non imposto, rispettoso delle tradizioni culturali dei paesi di origine e non legato a schemi alimentari rigidi.
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